Uno dei pionieri del design moderno, William Morris (1834-1896), lo aveva perfettamente intuito. Fiori, frutti, elementi naturali offrivano ai suoi disegni motivi, texture e pattern senza rivali. I più moderni, i più classici, i più azzeccati. Che le ispirazioni vengano, oggi come ieri, da giardini inglesi, erbari del XVI secolo, licheni e muschi islandesi, manoscritti miniati, arazzi medievali, la natura rappresenta nei secoli la maestra dalla fantasia più audace. Quella che può passare, con la medesima disinvoltura, dai tratti esotici alle forme più romantiche. Lo stesso accadrà, per esempio, con Givenchy che, dopo la Seconda Guerra Mondiale, propone sui suoi abiti d’haute couture limoni e peperoni che paiono arrivati direttamente dalla bancarella di un mercato di paese. E lo stesso vale per i cappelli di Gallia e Peter. Che si tratti dello Chapeau vert in organza di seta tinto nel verde dell’insalata o del Petit cerise ispirato al colore del legno di ciliegio e realizzato con struttura di tulle e fili di ferro, che si tratti di fiori di seta, rose, campanule, mughetti, angurie o ortaggi, la natura è l’istinto, il blocco di partenza, l’ispirazione più genuina. Tra i primi accessori da capo della storia, del resto, ci sono proprio le piante e i fiori, gli stessi che hanno reso la Primavera del Botticelli la musa di artisti, designer,stilisti, dai preraffaelliti sino a Rosa Genoni che, proprio guardando a Botticelli, realizzò un abito che fece epoca. La natura che ispira l’arte, l’arte che ispira la moda, la moda che torna nell’arte in un perenne alimentarsi di spunti e idee. Stagione dopo stagione, appunto. Come sulle passerelle, come nel giardino di casa.