In tulle di seta, organza, chiffon, georgette. Fissato sul capo della sposa con perle, forcine o fili d’oro. Tramandato di madre in figlia, di generazione in generazione, di mano in mano. Se ci fermiamo a pensare, il velo è l’oggetto che, per secoli e più di ogni altro, ha collegato materialmente le donne alle proprie ave. Ha creato tra loro una connessione: quella che si sprigiona dal tenere tra le dita un velo che la nostra bisnonna, talvolta la nostra trisnonna, aveva cucito, indossato, ripiegato, conservato. Nato per scacciare gli spiriti malvagi prima delle nozze, trasformatosi in emblema di bellezza, arricchito di ricami preziosi e declinatosi anche in veletta, il velo ha rappresentato da sempre un rito di passaggio, raccontando l’effetto “vedo/non vedo” e divenendo infine accessorio capace di superare i confini, spesso ristretti, del matrimonio. Le seducenti dame della Belle Epoque hanno così preferito la veletta per adornare il proprio capo: annodata sotto al mento, fissata con uno spillone, rielaborata nello stile della femme fatale, la veletta è divenuta simbolo di eleganza, sensualità, irresistibile charme. L’oggetto oltre il quale si cela lo sguardo di ogni donna, anche - e soprattutto - quella apparentemente più riservata e irraggiungibile.