1° ottobre 1980. Il marciapiede di Via Monte Napoleone è in fermento: un brulicare di passanti e curiosi, ma anche di giornalisti, esperti di moda, intellettuali. Nella boutique al numero 3 viene inaugurata la prima mostra di Gallia e Peter dedicata alla storia del cappello. Tra i presenti – alla scoperta di un itinerario che racconta modelli, tipi, forme d’uso dei copricapi dal 1880 al 1980 – ci sono anche la poetessa Clara Mieli, che scrive di getto su un foglio volante una poesia dedicata al cappello, e la disegnatrice e giornalista Brunetta, che appunta una dedica con disegno sul libro degli ospiti e pubblica un pezzo irresistibile sulla mostra. Saranno in tante le testate che parleranno di quella giornata: da Repubblica ad Annabella, da Harper’s Bazar sino a l’Occhio, il quotidiano diretto da Maurizio Costanzo. Lo scopo della mostra, che inaugura a pochi mesi dall’esposizione curata da Lea Vergine a Palazzo Reale “L’altra metà dell’avanguardia 1910-1940. Pittrici e scultrici nei movimenti delle avanguardie storiche”, è molto semplice e allo stesso tempo cruciale per quegli anni: mettere in luce l’universo della modisteria che, per creatività e laboriosità, rappresenta una genuina e autentica espressione d’arte. Allo stesso tempo, la mostra non può non riportare in primo piano un altro pezzo di storia delle donne. Dunque, quale luogo migliore per ospitare questo racconto corale del negozio milanese che ha ideato l’esposizione? Perché Gallia e Peter è la sola modisteria italiana con un’attività tramandata da quattro generazioni: la bisnonna Angela Paschero sposata Gallia, la nonna Mariuccia Gallia, la mamma Lia Giacomini fino ad arrivare all’attuale proprietaria, Laura Marelli. A supportare nell’impresa della mostra Laura Marelli troviamo infatti proprio Lia Giacomini che, lavorando accanto alla figlia, contribuisce con attenzione alla ricerca e selezione dei cappelli da esporre, spegnendosi purtroppo solo pochi mesi prima dell’inaugurazione. Al fianco della famiglia nella messa a punto del progetto ci sono poi alcuni dei più importanti storici del costume del tempo e i librai della libreria Le Mille e una notte, che per l’occasione stilano un’accurata bibliografia sul tema. I cappelli esposti (ancora oggi presenti per la maggior parte nell’archivio storico della Marelli) sono pezzi autentici, ricercati e raccolti con pazienza tra collezioni e case private, negozi retrò, aste e sartorie teatrali.
Otto anni dopo, nel 1988, viene pubblicato il libro, “il Cappello da Donna”, in cui sono raffigurati molti dei cappelli esposti in mostra. L’itinerario che esposizione e volume raccontano si apre con un robusto cappello in paglia color azzurro intenso, con nastri ricamati di rosa e un grappolo di ciliegie come ornamento (per una classe alla Rossella O'Hara). Da qui prende il via l’avventura, a partire da cappelli ornati di piume e fiori e altri dalle forme più semplici: stili diversi che convivono in un fine Ottocento in cui agli istinti Belle Epoque si affiancano a esigenze nuove, legate a una vita femminile più attiva, proprio mentre nasce l’arte della modisteria. Negli anni successivi, il cappello continua a rispecchiare le mutate abitudini femminili: scompaiono gradualmente le fogge più ingombranti e anche le acconciature diventano più varie con il debutto del taglio alla maschietta degli anni Venti. Le forme ardite ed eccentriche non passano mai di moda, ma verso la fine degli anni Cinquanta, col debutto delle cotonature, il cappello comincia a risultare un accessorio talvolta scomodo. La sua storia però non è finita qui. Tutt’altro! Il cappello torna alla ribalta proprio quando la donna moderna, impegnata su tutti i fronti del quotidiano, intuisce che può svelare la sua personalità in modo nuovo rispetto al passato. Forse proprio per questo avverte il desiderio di esprimersi attraverso vie diverse, adornandosi di volta in volta con cappellini differenti, scelti appositamente per l’occasione e spesso diversissimi tra loro: freschi, imprevedibili, originali. Così, in quell’autunno del 1980, la mostra proposta da Gallia e Peter regala ai milanesi il biglietto per un viaggio nel tempo: attraverso la storia dei cappelli, attraverso la storia delle donne, tra gioia di vivere e creatività, fascinose cloche anni Venti, pillbox anni ’50, grandi cappelli Fin de Siècle e, perché no, tricorni con veletta anni ’30. Perché le donne, è fatto noto, non mettono mai limiti a quello che hanno voglia di raccontare.