Una decade strabiliante che ha fatto la storia della moda.
Sì, perché gli anni Novanta hanno segnato una rivoluzione, sulle passerelle come ai loro margini. Cover stories epocali, stilisti stellari, giornaliste temutissime, top model irraggiungibili, ogni sorta di celebrità presente durante le sfilate, e ancora gossip, tensioni, indiscrezioni. I mitici Nineties rappresentano l’essenza della moda per come la conosciamo oggi, per la traccia che hanno lasciato nell’immaginario di ognuno, stagione dopo stagione, tra capi intramontabili, acconciature spettacolari, sfilate divenute eventi milionari e incidenti assorti a leggenda, come il celebre inciampo di Naomi Campbell durante la sfilata per Vivienne Westwood (diritta giù per terra dopo aver perso l’equilibrio da scarpe più simili a trampolini che a tacchi per signora). In quelli stessi anni, anche Gallia e Peter dà il via alle sue sfilate in via Monte Napoleone. L’invito predisposto da Laura Marelli è essenziale ed elegantissimo. Vale per due persone e comprende un brindisi finale, perché la moda a Milano è lavoro ma anche convivialità, complicità, incontro. L’appuntamento in genere è alle 16.30, poi si va avanti sino a sera. Le modelle scelte dall’atelier sono bellissime: fanno capolino da una gigantesca scatola circolare a righe black and white, proprio come nell’illustrazione disegnata da Brunetta.
Si mostrano a mezzobusto (tutta la concentrazione sui loro copricapi, dove l’occhio corre veloce e da cui è impossibile distogliere lo sguardo): piume, pizzi, tulle, velette, nastri, frange, velluti, rivestimenti in pelliccia, fiocchi, tessuti animalier. I colori e i materiali della stagione vengono valorizzati da giochi di luci accurati, dalla musica, dai movimenti di danza delle modelle. Nulla viene lasciato al caso e anche i video e le fotografie dell’epoca lo documentano minuziosamente. La preparazione è scrupolosa e dura settimane intere. E la sfilata dei cappelli di Gallia e Peter è frequentatissima: attira consensi, desta ammirazione, è artigianato che diventa arte e oggetto del desiderio degli stessi grandi stilisti. È l’ennesima, brillante, rivoluzionaria idea “saltata in testa” a Laura Marelli per i favolosi Nineties dell’atelier. Rinnovarsi un’altra volta, guardando al mondo dei grandi brand che sembrava aver fatto traballare lei e le sue modiste e che invece si trasforma in nuova linfa vitale e rinnovato spazio di confronto. Non c’è nulla di temere, Laura lo sa. Il mondo cambia, quello che conta è saperlo intuire per tempo e anticiparne le evoluzioni, determinarle a volte. Rimanere sé stesse è possibile, ma per farlo bisogna reinventarsi. Come su una passerella, trasformando le “scatole porta-cappelli” nel proprio (entusiasmante) palcoscenico. Rialzandosi in piedi quando si cade, più belle, sorridenti, leggendarie che mai, come Naomi dopo essere scivolata dalle altissime shoes della geniale Vivienne Westwood. Il successo si costruisce così. Anche quando sembra che la passerella si sia fatta troppo scivolosa per continuare a sfilare.